la bellezza nei secoli

Galateo e bellezza

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Galateo e bellezza

Gli anni del Rinascimento, costituirono, come si è detto, un periodo storico di profondi cambiamenti in ogni settore della vita dell’uomo, ed in particolare, vista la vicinanza con il tema principe dei nostri ragionamenti, la bellezza, nei comportamenti sociali tra individui ed anche tra ceti diversi.

Il galateo nasce tra il XIV e il XVII secolo

Si cominciarono a scrivere le norme per quello che si riteneva allora un rapporto corretto con il proprio prossimo, apparvero tra 1500 e il 1600 svariati testi sul tema, ma fondamentali, tanto che vengono conosciuti ancora oggi, furono gli scritti di  Baldassar Castiglione e di Giovanni della Casa.  Il primo, pubblicò tra il 1508 e il 1516, il “Libro del cortegiano” che ipotizzava e delineava la immagine del classico e perfetto gentiluomo di corte. Forse è più famoso ancora il “Galateo” di Giovanni della Casa dato alle stampe nel 1558, e preparato per il Cardinale Galeazzo Florimonte.  Ambedue questi manuali del ben vivere, stimolavano ad un tipo di vita dedicato alla vera bellezza, che già era intravista come virtù e modestia.

Il galaeto come mezzo del “ben vivere”

Bello è il ricordare alcune frasi del Castiglione, che se furono scritte per quegli anni, andrebbero totalmente ripetute e sottoscritte ai giorni nostri, tanto sembrano essere attuali e vere….

Cortegiano e le sue considerazioni

seguiamo con  l’autore del “Cortegiano”  le considerazioni sulle  donne che troppo si preoccupano del loro apparire, quando  scrive “non vi accorgete voi, quanto più di grazia tenga una donna, la qual, se pur si acconcia, lo fa cosi parcatamente e così poco che chi la vede sta in dubbio s’ella è concia o no che un’altra, empiastrata tanto, che paia aversi posto alla faccia una maschera, e non osi ridere per non farsela crepare nè si muti mai di colore se non quando la mattina si veste; e poi tutto il rimanente del giorno stia come statua di legno immobile, comparendo solo a lume di torze o, come mostrano i cauti mercanti i lor panni, in loco oscuro? Quanto più poi di tutte piace una, non dico brutta, che si conosca chiaramente non aver cosa alcuna in su la faccia, benché non sia cosi bianca né cosi rossa, ma col suo color natìvo pallidetta e talor per vergogna o per altro accidente tinta di un ingenuo rossore, coi capelli inornati e mal composti e coi gesti semplici e naturali, senza mostrar industria né studio d’esser bella?

Questa è quella sprezzata purità gratissima agli occhi e agli animi umani i quali sempre temono essere dall’arte ingannati…Però la bellezza è il vero trofeo della vittoria dell’anima quando essa con la virtù divina signoreggia la natura materiale e col suo lume vince le tenebre del corpo. Certo è che le belle sono sempre più pregate e sollicitate d’amor, che le brutte, dunque le belle sempre negano, e conseguentemente sono più caste che le brutte, le quali non essendo pregate, pregano altrui”.

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